Emissione estremamente ricercata e desiderabile della serie "Judaea Capta".
Coniate per 25 anni da Vespasiano e dai suoi figli Tito e Domiziano, le monete della Giudea Capta furono emesse in bronzo, argento e oro dalle zecche di Roma e di tutto l'Impero Romano, oltre che nella stessa Giudea. Furono emesse in tutti i tagli e se ne conoscono almeno 48 tipi diversi. Questo sesterzio raffigura con orgoglio l'immagine di questa importante vittoria romana, dopo la quale Vespasiano chiuse coraggiosamente le porte del Tempio di Giano per significare che tutte le guerre romane erano terminate e che la Pax Romana aveva nuovamente prevalso.
Il dritto del ritratto di Vespasiano lo raffigura forte, vigoroso e nel fiore degli anni, mentre il rovescio commemora il trionfo di Roma e di Vespasiano sulla rivolta ebraica in Giudea, cui Tito aveva posto fine un anno prima con la presa di Gerusalemme dopo un assedio di sette mesi e la distruzione del Secondo Tempio.
Esemplare proveniente da una collezione molto antica, come testimonia la bella scheda di proprietà allegata.
Impero romano
Vespasiano (69-79), Sesterc 71, zecca di Roma
Dritto: testa dell'imperatore con corona di alloro a destra
IMP CAES VESPASIANO AVG P M TR P P COS III
Rovescio: palma al centro, a sinistra l'imperatore in piedi a destra, che appoggia la gamba all'elmo, a destra la Giudea seduta sull'armatura, nel segmento SC
IVDAEA CAPTA
Diametro 34 mm, peso 26,75 g
La rivolta ebraica in Giudea fu una guerra costosa e devastante che costò la vita a venticinquemila soldati romani e a un numero di civili ebrei compreso tra duecentocinquantamila e un milione. Il rovescio è semplice ma contiene un messaggio potente: una donna ebrea siede in una posizione luttuosa accanto a una palma da dattero, mentre dietro di lei emerge la grande figura dell'imperatore vittorioso. È stato occasionalmente suggerito che la figura femminile rappresenti Gerusalemme, e talvolta è stato notato che il rovescio di questa moneta può essere interpretato come un riflesso della profezia di Isaia 3:8, 25-26: "Poiché Gerusalemme è in rovina e Giuda è caduto... Il suo popolo cadrà di spada e i suoi potenti in guerra. Le sue porte si lamenteranno e si lamenteranno, ed essa, abbandonata, siederà sulla terra".
È anche possibile che il rovescio simboleggi la schiavitù generale del popolo ebraico. Giuseppe Flavio riferisce che uno degli sfidanti di Tito "scelse il più alto e il più bello dei giovani e riservò ciascuno di loro per il trionfo; gli altri, quelli sopra i diciassette anni, furono mandati in catene alle miniere in Egitto, mentre quelli sotto i diciassette anni furono venduti".
L'Arco di Tito a Roma, completato dal fratello Domiziano poco dopo la sua morte e per commemorare questa vittoria, raffigura l'esercito romano che porta via i tesori dal Tempio di Gerusalemme, compresa la Menorah, dopo la fine dell'assedio della città. Il bottino fu utilizzato per finanziare la costruzione dell'Anfiteatro Flavio, meglio conosciuto come Colosseo, il grande monumento duraturo della dinastia Flavia.